La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza del 22.06.2023 n. 17897 avente ad oggetto il caso di un'insegnante dispensata per inettitudine, ha ribadito importanti principi sul tema.
La dispensa dall'insegnamento (art. 512 d. lgs. 297/1994) è un atto di competenza del Dirigente scolastico e fondato sulla constatazione dell'oggettiva inidoneità del docente, della sua incapacità didattica. Ovvero l'inettitudine assoluta e permanente a svolgere le mansioni dell'insegnamento, derivante da deficienze obiettive, comportamentali, intellettive o culturali.
Non si tratta di un provvedimento disciplinare (non si applicano le norme del d. lgs. 165/2001), prescinde da una colpa o da una responsabilità dell'insegnante.
La libertà individuale di insegnamento è un valore costituzionale (art. 33 co. 1 Cost.), che trova il suo più importante limite nella tutela dell'alunno (art. 31, 32 co. 2 e 34 Cost.).
L'autonomia didattica dell'insegnante comprende una scelta libera dei metodi di insegnamento, ma dev'essere sempre funzionalizzata alla formazione della personalità degli alunni, titolari di un vero e proprio diritto allo studio. L'insegnante non può non attuare alcun metodo, o non organizzare o strutturare le lezioni. Nè la libertà didattica può dar luogo a forme di sciatteria o di anarchia.
Queste alcune delle più interessanti affermazioni contenute nella suddetta sentenza, assurta agli onori della cronaca, anche non specialistica, per la particolarità del caso.